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 # 9

ECLIPSE

 

Prima Parte

 

IL RACCOLTO

 

Di Igor Della Libera

Alphabet City. Avenue F.

 

-Denzel Washington? Ma ti sei guardato allo specchio?

Sibilò Maddicks affondando inutilmente la mano nel cartoccio tra le gambe. Le patatine erano finite. La sua pazienza stava per fare la stessa fine.

Steve Gun sottolineò le parole sarcastiche del compagno tamburellando le dita sul volante. Poi abbassò lo specchietto e si guardò.

-Secondo me è l'unico che potrebbe interpretarmi degnamente in un film sulla mia vita.

-E' l'ultimo dei miei e dei tuoi problemi. Il primo riguarda il fatto che siamo da un bel in questa macchina davanti alla chiesa e non si è ancora fatto vivo nessuno. Preferisco prendere un po' d'aria e andare a vedere cosa succede lì dentro.

-Ci sono già andato e anche con Moon Knight (1). Risultato nulla. Una chiesa abbandonata. Punto. Però mentre tu e bianchetto facevate a pugni con i vampiri nazisti...(2)

Maddicks aprì il cruscotto cercando qualcos'altro di dolce e molto calorico da sgranocchiare.

-Perché ti ho raccontato la storia delle fogne...

Gun gli rivolse un sorriso pulito.

-Sei un uomo nuovo Simon. Adesso stai dalla parte dei buoni.

-Adesso divido casa e ufficio con un detective di colore. La Roxxon al tempo mi pagava un sacco di soldi oltre ai rimborsi e alloggiavo nei migliori hotel.

-Dovevi farti pagare anche i danni morali per quel ridicolo costume che ti hanno costretto ad indossare, per non parlare del nome.

-Mi piace l'Averla Assassina e come ti ho fatto vedere in rete il mio non era il costume peggiore. Adesso i cattivi, i mercenari sono coperti di pelle e roba antiproiettile dalla testa ai piedi, sembrano tutti uguali. Si è persa l'identità, la personalità.

Maddicks si bloccò stava iniziando a parlare troppo. Non voleva diventare un'incontinente verbale come Gun. Il detective aveva la faccia giusta e la parlantina pronta. Lui no, così riprese il discorso da dove l'aveva interrotto.

-Torniamo al programma della serata.

-Ok uccellino- disse Gun marcando il nomignolo nel modo più caustico possibile-come ti dicevo prima di metterti a disquisire di alta moda super criminale, ho messo qui attorno un paio dei miei a fare un po' di sorveglianza. Mi hanno detto che quasi tutte le notti c'è del movimento. Ragazzi entrano nella chiesa senza uscirne più.

Maddicks stava ancora frugando nello scomparto, tolse le mani senza qualcosa di dolce, ma con una serie di pagine stropicciate dei giornali che Gun aveva sistemato lì alla meno peggio. Gli articoli parlavano proprio della fuga da casa di diversi adolescenti. Ovviamente le motivazioni proposte dai giornalisti erano le più disparate e nessuna parlava di quella chiesa che sembrava accogliere tra le sue braccia disabitate le pecorelle smarrite.

-Mi chiedo come mai la polizia non abbia fiutato questa pista. 

-Tramite Moon dovevo rivolgermi ad un detective suo amico. Si chiama Frank Darabont. Inutile dire che non sono mai riuscito a beccarlo. L'ultima che ho sentito è che si è preso un periodo di riposo. Begli amici ha Moon... cioè intendevo lui non te... niente di personale. Con gli altri poliziotti dire che non vado d'accordo è un eufemismo. Inoltre gli uomini in blu si tengono lontani dai bassifondi, io invece ci sguazzo. Aspetta sta arrivando qualcuno, vedo dei fari.

L'Averla ringraziò per quella distrazione. Non importava se quell'auto significava guai, aveva messo un tappo in bocca a Gun e lui aveva imparato che nella sua nuova vita si sarebbe dovuto accontentare delle piccole cose.

-Dalla luce direi che è una grossa macchina.- commentò Maddicks vedendo l'auto che era comparsa nell'altra direzione e che avvicinandosi all'ingresso della chiesa mostrava il profilo massiccio e aggressivo di una jeep da città.

Si fermò davanti alla porta dell'edificio. La Jeep nascondeva agli occhi di Gun e Maddicks l'uomo che vi era sceso. Simon aveva a disposizione altri strumenti. Allungò la mano sui sedili posteriori prendendo l'elmo dell'Averla. Lo indossò e gli occhi meccanici, che simulavano le capacità visive dell'uccello predatore, colsero il momento in cui l'uomo si guardò un attimo intorno, sostando sull'ingresso e il frame successivo in cui sparì oltre le grandi porte chiudendole con forza alle sue spalle.

-L'hai beccato?

-Si e purtroppo non è una faccia sconosciuta.

 

*** 

 

Marc aprì gli occhi. I ricordi si risvegliarono insieme a lui e lo aggredirono come uno sciame di vespe. Sentiva nella testa le loro punture, una dopo l'altra a stimolare ricordi che avrebbe voluto dimenticare per sempre.

L'ultimo era quello del viso di una donna dai capelli rossi. Era come se avesse vegliato su di lui, ma adesso c'era solo il buio di una stanza che non conosceva. Trovò la luce e questa gli esplose contro la faccia mostrando le pareti di seta di una camera elegante e il lampadario di cristallo. Era una piovra di vetro che sembrava allungare su di lui i tentacoli.

Dov'era quella donna? Chi era quella donna? Si tirò su appoggiandosi allo schienale lavorato, sentiva gli intarsi contro la pelle nuda. Si guardò le braccia, segni sottili neri sembravano ricalcare le vene facendole emergere come quelle di un drogato. Toccò quelle linee scure sentendo un brivido e una voce, la stessa che gli aveva detto di fare quelle cose che non voleva ricordare.

-Marlene.- il nome che non voleva pronunciare uscì tra le sue labbra e si sentì quasi meglio. Solo un attimo, poi l'assenza della sua amata lo ripiombò nel dolore, non del corpo, ma dell'anima.

Non aveva mai pensato di averne una fino a quel momento in cui la sentì strapparsi come un debole tessuto. Si alzò come se le membra fossero di piombo. Indossava i pantaloni di un pigiama. Si guardò negli specchi degli armadi e la sua immagine sembrò mutare, mentre passava da una superficie all'altra. Uscì dalla stanza trovandosi in un corridoio. Provò a chiamare senza ottenere risposta. In fondo una stanza illuminata gli indicava che qualcuno forse c'era e lo aspettava lì. La raggiunse scoprendo che si trattava di una cucina. C'era tanta luce bianca quasi accecante e si accorse solo dopo essere entrato e seduto che una figura stava ai fornelli facendo saltare qualcosa in una padella. La figura si voltò e Marc capì che forse il sogno o l'incubo non era finito.

-Marc è da un po' non ci vediamo. Non è un bel momento. Sono qui per questo. Ho fatto due uova alla Anubi per tirarti un po' su. Quello Sciacallo ci sapeva fare con i cibi energetici. Ci sono sempre stato per te, ti ho salvato la vita una volta e lo farò anche ora. E' a questo che serve uno spirito guida.

-Khonshu.- biascicò Marc stropicciandosi gli occhi con le dita.

 

***

 

Janet stava davanti al fuoco che ardeva nel camino. Si spazzolava i capelli lentamente, un colpo alla volta. Le fiamme si riflettevano nei suoi occhi neri. Era tranquilla anche se pensava non lo sarebbe stata più, non dopo aver scoperto chi era davvero suo padre. Quella casa in mezzo ai boschi apparteneva a lui, ma non ci veniva da tempo. Sul tavolino dove era disegnata una scacchiera c'erano le chiavi della botola sul pavimento, quella che non doveva essere aperta.

La paura frenava Janet, ma era contrastata dalla curiosità. Occuparsi dei capelli la rasserenava fin da quando era piccola e suo padre era ancora un uomo normale, lontano dal mostro che sarebbe diventato. Doveva farsi coraggio. Si alzò, allungò le mani verso il mazzo di chiavi. Quando le sue dita lo afferrarono qualcosa sbatte contro il vetro. Si giro di scatto e nella cornice della finestra c'era un volto. Rimase lì a fissarla, la pelle piagata da cicatrici regolari, una ragnatela di segni, un velo di dolore. Sulla testa una banda luccicante azzurra. Era suo padre, Basil Sandhurst meglio noto come il Controllore. Era lì per lei. Il vetro esplose attraversato dal pugno del Controllore. Sentiva che la chiamava, ma lei era ormai arrivata ad infilare la chiave nella serratura della botola verso la quale, mentre i vetri tintinnavano sul parquet, si era gettata. I passi di suo padre risuonavano appesantiti dagli stivali metallici e si avvicinavano inesorabili. Non guardava verso di lui, girava solo la chiave più volte fino al rumore amico di un meccanismo che si sbloccava.

La botola si aprì. Non fece in tempo a fare un altro passo che senti i suoi muscoli non risponderle più. Il Controllare stava esercitando sul suo corpo il suo potere, lo stesso da cui aveva preso il nome di battaglia. Si sentiva una marionetta, non c'erano fili, ma i suoi movimenti ricordavano un pupazzo. Un manichino che, lasciata la botola, tornava verso il padre. Fu allora che il repulsore di Iron Man colpì alle spalle il Controllore spezzando il guinzaglio mentale che aveva sulla figlia. Janet ebbe la prontezza di riflessi di entrare nella botola chiudendosela alle spalle. Prima di farlo, nell'ultimo spiraglio, vide scintillare sotto la luce l'armatura rosso oro del vendicatore. E poi la stanza si accese con il colore dell'uniraggio che scaturì con forza dal suo petto.

 

Spiaggia del New Jersey. 20.45.

 

-Stop- la voce fu seguita da uno sgranocchiare di noccioline -non stai rispettando le regole della narrazione. Avevamo detto un racconto horror con dei super eroi, nel tuo di horror c'è ben poco, non so cosa pensano gli altri?

Su queste parole le due coppie di amici che stavano seduti intorno ad un tiepido fuoco sulla spiaggia del New Jersey, concordarono spingendo il loro pollice verso il basso.

La notte era illuminata solo dal piccolo falò e le fiamme mosse dal vento illuminavano a tratti i loro volti. Quello del narratore fu colto nel momento in cui si produsse in una smorfia di fastidio e si alzò, sollevando un po' di sabbia.

-Io vado a fare pipì, quando torno voglio proprio sentire come saranno le vostre storie intorno al fuoco. Se mi aveste lasciato finire avreste scoperto che c'era molto di più del classico scontro tra Iron Man e il suo nemico, peggio per voi...

Chi l'aveva interrotto raccolse al volo con la bocca una nocciolina e la masticò producendo un rumore fastidioso.

-Attento ai granchi, di notte raggiungono la spiaggia e potrebbero attaccarsi al tuo “repulsore”.

-Ignorante il repulsore è un raggio che parte dai palmi dell'armatura non un'appendice di altro tipo.- sbuffando queste parole si allontanò verso una piccola duna dietro la quale spuntavano cespugli secchi che avevano bisogno di essere innaffiati.

Sentì ridere gli amici, dopo il suo ultimo commento, poi il loro vociare si affievolì man mano che saliva sulla collinetta. Girandosi vedeva  il fuoco come una macchia rossa nella notte e intorno i suoi amici intenti a passarsi una bottiglia di qualcosa.

-Se quella è la vodka di mio padre li ammazzo...

Non finì la frase e d'istinto si buttò a terra sulla sabbia. Erano comparsi degli uomini accerchiando i suoi compagni. Avevano dei fucili in mano. Non voleva credere ai suoi occhi, quei bastardi spararono sui suoi amici. Non sentì il rumore dei colpi, forse usavano dei silenziatori. Se ne andarono veloci come erano sbucati, protetti dal buio. Aspettò alcuni minuti prima di correre dai suoi compagni. Quando arrivò una delle ragazze dai capelli rossi con delle extensions azzurre si stava sollevando toccandosi il petto. Non capiva cos'era successo.

-Io ho come una fitta qui...- poi gli occhi si posarono sulla pelle della mano che si stava coprendo di macchie nere.

-Devono aver pensato di averti uccisa come gli altri invece hanno sbagliato, dobbiamo andarcene e chiamare la polizia...

La ragazza continuava a guardarsi le dita e le unghie che da azzurre erano diventate scure.

-Cosa mi sta succedendo? Sento qualcosa dentro di me, non brucia... è come avere un pezzo di ghiaccio... ho freddo... tanto freddo.

Si avvicinò al ragazzo senza sapere che lui aveva un debole per lei e che soffriva a vederla fidanzata con un' altro, lo stesso dal collo taurino e dal fisico da atleta che giaceva riverso con la faccia nella sabbia umida a pochi passi da loro.

-Scaldami...- disse lei e lo abbracciò cercando le sue labbra.

-E' lo shock, ascoltami dobbiamo chiamare la polizia...

-Non mi hai sempre voluto? Non hai sempre desiderato questo momento? Vuoi perdertelo propria ora.

-Io non voglio che sia così...

Lei affondò un colpo con le unghie sulla faccia del ragazzo lasciandogli tre segni che univano l'orecchio all'estremità delle labbra. Gridò.

-Che ti è preso, sei impazzita...

-Sai perché non andrò mai a letto con te? Perché sei senza spina dorsale. Non mi piace quel quarto di bue del tuo amico, preferisco il cervello a quello che tiene nei pantaloni, ma tu non hai mai avuto il coraggio...

-Non voglio farti del male- disse lui tenendosi la faccia preoccupato dal sangue che gli bagnava le dita.

-Tu?? Farmi del male? Sarò io a fartene a te e molto e diversamente dalla tua stupida storia non ci sarà nessun eroe che ti salverà.

-Guarda- disse il ragazzo vedendo che alle spalle del loro confronto, il fidanzato di lei muoveva un braccio e così gli altri. Quando tornò a fissare il viso di lei questo era macchiato come la mano.

-Quegli uomini, vi hanno fatto qualcosa, una specie di droga... guardati la faccia.

-Preoccupati della tua piccolo verme senza palle...

-Cosa stai facendo Ariel?!!- gridò il fidanzato che ora incombeva alle sue spalle. Puntò il dito verso l'amico sfregiato- e tu volevi portarmela via, ti staccherò la testa e te la infilerò nel culo.

-Questa si che è una bella storia- disse il critico narrativo prendendo la bottiglia di vodka. Invece di berla la spaccò su un sasso e ottenne un'arma molto tagliente. Si guardava nel riflesso del vetro, appuntito e vedeva l'altro se, quello che stava sprofondando nell'oscurità. Un buio che gli piaceva, che lo faceva sentire forte e vivo.

Il ragazzo sfregiato sfruttò quel momento per scappare e si mise a correre verso il pontile. I suoi amici stavano per lanciarsi all'inseguimento. Una notte di storie di orrore ed eroismo intorno ad un fuoco si era tramutata in un vero incubo.

-Cosa gli è preso? Sono come impazziti all'improvviso. Cosa diavolo gli hanno fatto quegli uomini? E chi erano?

Arrivato sotto il pontile da dietro uno dei pali sbucò una donna. Indossava un paio di jeans una camicetta e degli stivali.

-Mi occupo io di loro- disse e iniziò a cantare verso il gruppo che stava arrivando.

-Chi sei? Non fargli del male non sono in se, sono preda di qualche strana sostanza.

-Il mio canto li calmerà e ho chiamato qualcuno che si occuperà di loro. Sei stato fortunato che ero venuta qui stanotte a ricordare un'amica morta su questa stessa spiaggia.

Ora la luce della luna che penetrava le assi del pontile sopra le loro teste illuminò il volto della donna rivelando che era una delle Sirene di New York.(3)

Il ragazzo si protesse dietro la donna sentendo di colpo un forte odore di pesce. Le note portate dalla voce di lei arrivavano come soffici petali alle orecchie degli invasati e questi si bloccarono. Sembrava che la sirena fosse riuscita a bloccare il potere nefasto che gli scorreva dentro e li corrompeva dall'interno.

-Ce l'hai fatta.

Il ragazzo si sbagliava, il tipo con la bottiglia rotta si liberò per primo e si scagliò contro di lei. La sirena era sorpresa da quell'attacco e da quell'urlo di guerra, selvaggio e possente. Non si sarebbe mossa in tempo, ma per sua fortuna un dardo a mezzaluna fece schizzare dalla mano del ragazzo l'arma tagliente. Questi si voltò e sulla duna vide una figura argentea. Moon Knight.

-Sono arrivati i nostri, togliamoci da qui- disse la sirena prendendo per mano il ragazzo. Puntarono verso la scala che portava al pontile.

-Questi ragazzi hanno la faccia come quella che aveva Marc quando ha cercato di troncare a colpi di  accetta la sua relazione con Marlene- pensò Moon Kinght preparandosi all'azione.

Nei visori della maschera il computer, collegato a quello del luna jet dove stava Frenchie, iniziò ad analizzare la composizione di quei segni che avevano sul viso e sulla pelle. Moon Knight ingaggiò un duello con i folli. Il vendicatore bianco sperava in una qualche possibile soluzione, ma in realtà non aveva molte speranze che l'intelligenza artificiale l'avrebbe trovata.

Spinse a terra uno degli assalitori e poi estrasse dei bastoni. Sulla punta si formarono delle scariche elettriche. Erano come dei taser e il voltaggio era sufficiente per mettere a nanna dei ragazzini.

-Frank stanno arrivando segnalazioni da altre parti della città, parlano di gente impazzita. Sono scoppiati dei focolai di caos. La polizia è sul posto, ma si trova in difficoltà. Devono fermare della gente che fino a qualche minuto prima di impazzire era assolutamente normale, padri di famiglia, mogli...

-Dimmi qualcosa che non so.

L'atleta fulminato dalla scossa cadde all'indietro con un tonfo sordo. Moon Knight si trovò attaccato dalle due ragazze. Ariel gli saltò in groppa cercando con le unghie di strappargli gli occhi. Era protetto dal kevlar intessuto nella maschera e dal vibranio delle lenti, ma non poteva liberarsene con una mossa troppo decisa. Non era in se e non voleva farle del male. Il dolore lo sentì lui quando l'altra ragazza si accanì con una ginocchiata contro il suo basso ventre. Un colpo a tradimento. Rispetto alla volta in cui appena nominato detective ne aveva ricevuto uno da una prostituta rancorosa, c'era il costume a proteggere i gioielli e a ridurre l'effetto dell'impatto.

-E' proprio vero che le donne ti saltano addosso, scusa battuta scema...- Frenchie cercava di non pensare a quello che vedeva sul computer di bordo. C'erano filmati amatoriali e alcuni delle principali emittenti che raccontavano l'evoluzione della crisi e il caos che strisciava come un serpente nelle strade.

-In un' altro contesto questo momento poteva avvicinarsi molto ad uno dei miei sogni erotici... ma così no... un' altro motivo per detestare la mia vita.

Si liberò si Ariel rovesciandola sul terreno, dove la fulminò con il bastone taser. Si scusò con lei, non con l'amica che aveva attentato alla sua mascolinità, no a lei riservò un colpo secco sulla nuca oltre alla scossa. Mancava qualcuno all'appello. Non doveva preoccuparsene. Il tipo aveva seguito la sirena sul pontile, da cui adesso stava volando giù steso da quello che si poteva definire un calcio sonoro.

Lo vide impattare con la spiaggia. Corse da lui, ma non servì la scarica perché il colpo era stato sufficiente a spedirlo a nanna come gli altri.

-Dobbiamo occuparci di questi.

-Uno degli ospedali cittadini è stato trasformato in un centro di quarantena. Stanno chiamando epidemiologi e specialisti anche se non credo che la scienza potrà essere d'aiuto. Le vittime vengono portate tutte lì in cerca di una cura. E' il protocollo d'emergenza che la città ha approntato con guardia nazionale e S.H.I.E.L.D dopo le varie crisi metaumane e criminali che l'hanno colpita negli anni.

-Se Satana riuscirà a guarire Marc lo potrà fare anche con gli infetti.

-E' un grosso “se”. Ho visto gli effetti della voce della sirena su uno degli aggressori, non me ne intendo e ho iniziato a fare analizzare ai computer il suono però potrebbe essere d'aiuto ai dottori e agli scienziati se non per un 'antidoto almeno per contenere l'infezione.

-I miei colleghi in polizia staranno impazzendo. Vorrei potergli spiegare perché ho deciso di prendermi una pausa, penseranno che li ho abbandonati nel momento di maggiore necessità...

-Moon Knight è una causa a cui bisogna dedicarsi anima e corpo, il distintivo ti avrebbe distratto. Li aiuterai più così, con quel costume.

-Senza mantello, hai visto che funziona meglio?- concluse Frank correndo verso la sirena.

 

***

 

Marc mosse con la forchetta l'albume ancora fumante sul piatto. Senza quasi accorgersene con le punte tracciò il simbolo della luna. Khonshu si era seduto al tavolo. Lo guardava. Finalmente parlò con voce profonda.

-Non ti piace? Devi rimetterti in forze ci aspetta una battaglia molto difficile.

-Non sarebbe una novità. Se ti vedo qui davanti a me per di più in versione chef è evidente che sono tornato ad impazzire. Ricordo a sprazzi, ad intervalli confusi quello che ho fatto prima di risvegliarmi in questa casa. E' la tua?

-No. Sarò chiaro. Stai ancora dormendo: un sonno ristoratore che libererà la tua mente e il corpo dal veleno che lo ha invaso. In questo momento stai delirando, sudi, ti dimeni e gridi.- Khonshu mise le mani sul tavolo, erano di pietra come se la statua del dio avesse preso vita.

-Cosa vuoi da me? qual è lo scontro che mi aspetta?

-Quello per impedire l'avvento dell’eclissi. La verità è che non sei stato il primo in cui mi sono incarnato e a cui ho offerto parte del mio potere e del mio senso della giustizia. Diversamente da te che sei sempre stato restio e ti sei opposto alla possessione, ci fu un tempo in cui occupavo  il corpo di un uomo colmo del desiderio di vedere i colpevoli puniti e le vittime vendicate. Gli venivano assegnati quei casi che non potevano essere risolti dai soldati o dai guardiani del faraone. Era chiamato, grazie alla mia influenza che lo portava ad agire di notte e ad essere più forte al chiarore della luna, il cavaliere bianco. Posso immaginare l'effetto che fa su di te sentire queste parole. Ti stai chiedendo perché solo ora ti sto dicendo tutto questo?

-Frena. Sto ancora digerendo il fatto che sei tornato a fare baldoria nella mia testa per arrabbiarmi per avermi nascosto il fatto che non sono stato la tua prima volta. Non sono geloso dei tuoi ex. Ora capisco però quello che è successo durante un periodo confuso della mia esistenza. Io ricordo gli anni in cui il nostro legame era potente, lo ricordo perché mi hai spinto nei Vendicatori della Costa Ovest. Il tuo potere stava togliendo lentamente la mia umanità, solo spezzando quel vincolo sono guarito, o almeno pensavo di averlo fatto. E adesso rispunti da chissà dove per mettermi in guardia contro un nemico fantomatico.

-Accettai la tua scelta e la compresi, ma la situazione è grave e l'eclissi non si fermerà fino a quando non mi avrà sconfitto.

Quel sogno era troppo vivido per essere semplicemente un effetto del delirio. Assaggiò l'uovo e lo sentì tra i denti e poi in gola. Sensazioni vere come se tutto lo fosse intorno a lui compresa l'antica divinità la cui voce si fece di colpo meno sicura, come se anche un dio potesse avere paura.

-Il ritorno di quell'antico male ha ripristinato il nostro legame. La pazzia come la chiami tu è in realtà un dono degli dei. E' il modo con cui certi uomini possono comunicare con noi. Tu hai quella capacità. Si era solo assopita dentro di te, ma l'urgenza del momento l'ha risvegliata.

Marc guardò il piatto vuoto. Quello strano cibo lo aveva soddisfatto più di quanto credesse possibile. Era pronto ad ascoltare.

-Da dove viene questa eclissi?

-Eclipse era il nome di un assassino spietato che insanguinò le terre del Nilo e mi costrinse, nel manto del cavaliere bianco, a combattere la mia battaglia più dura. I suoi erano omicidi rituali, era il suo modo folle di richiamare sulla terra un dio dimenticato. L'assassino era il suo araldo come il primo cavaliere il mio. Eravamo destinati a scontrarci sapendo entrambi che uno di noi non ce l'avrebbe fatta.

Marc scopriva solo ora in quella follia domestica che non conosceva nulla di Khonshu. In quel momento l'essere davanti non sembrava più fredda pietra senziente, ma carne. E il suo sguardo era sempre più umano. Uno sguardo che non nascondeva i suoi profondi timori.

-Dopo avergli impedito di uccidere ancora il mio cavaliere gli diede la caccia nel deserto fino alle rovine di un tempio. Un luogo dimenticato come quel dio che vi veniva adorato. C'erano delle scale semisepolte dalla sabbia, scese lungo quei gradini scavati nella pietra ed entrò in un corridoio. Solo la luce della mia torcia mi impedì di soccombere a quell'oscurità che sembrava viva.

 

*** 

 

Alphabet City. Avenue F.

 

-Todd Arliss? Dovrei conoscerlo?

-Magari lo conosci con un altro nome, quello dello Squalo Tigre.

Arliss era sparito da qualche minuto dentro la chiesa e dopo essersi assicurati che non c'era nessuno a controllarli, Maddicks e Gun stavano per fare lo stesso. Erano sulla porta e la spingevano in là lentamente controllando che nessuno li aspettasse tra le navate. Maddicks indossava l'elmo e i guanti energetici, Gun sbucando vicino al fonte battesimale aveva solo la sua scaccia cani e la sensazione che nessuna preghiera lo avrebbe salvato.

-Non ho mai avuto il piacere di incontrarlo.

-C'è qualcosa di diverso in lui, indossava un completo elegante e non il suo costume.

-Un altro che è passato al lato oscuro della moda. Dov'è finito?- chiese Gun guardando la poca acqua che stagnava sul fondo del fonte.

-L'abbiamo visto entrambi entrare qui, forse c'è un passaggio segreto.

-C'è sempre un passaggio segreto- disse Gun mentre le fiammelle delle candele votive rischiaravano il suo volto- questo spiegherebbe perché io e Moon non abbiamo trovato nessuno venendo qui. Quando c'ero stato da solo per scoprire dov'era finita la ragazzina vidi invece un bel po' di movimento..

-L'altare- indicò Maddicks che stava guardando l'ambiente sotto il filtro dei suoi occhi speciali.

-Penso che se continuiamo a fare coppia dovrei avere anche io qualche super aggeggio, tu e Moon avete più gingilli di una casalinga dopo il mercatino di quartiere e io continuo a combattere il male con questa pistolina.

Maddicks gli mise un guanto sulla bocca e lo spinse dietro una colonna. Gun capì che non era più il caso di fiatare. Non erano più soli. Due figure avvolte in mantelli con il cappuccio erano vicine al grande crocifisso. Da dove erano saltati fuori? Si domandò mentalmente Maddicks.

-Sono come quello che ha cercato di farmi fuori sul tetto, allora lavorano per Arliss, c'è lui dietro la scomparsa dei ragazzini?

-Non credo che ad Arliss interessino i ragazzi, lavora per qualcuno. Quelli come lui non sono mai stati abbastanza creativi da avere un piano tutto loro.

-Se lo dici tu... cosa facciamo, non che non mi piaccia stare qui con te.

-Smetti mai di parlare?

Gun non ebbe il tempo di rispondergli che Maddicks uscì all'improvviso. Steve vide i due uomini schizzare all'indietro colpiti dai proiettili dell'Averla. Sbatterono contro il muro e scivolarono a terra.

-Bel colpo molto John Woo, mancano solo le colombe bianche.

Maddicks si avvicinò lentamente all'altare tenendo le braccia armate puntate verso i lati e poi di fronte come se da un momento all'altro si aspettasse un nuovo attacco. Era ormai vicino ai pochi gradini che portavano all'area del coro quando una luce intensa coprì tutto il suo spettro visivo e poi abbagliato da essa non riuscì ad evitare un dardo potente scagliato dall'alto, dal ballatoio dell'organo, che lo colpì in pieno petto spedendolo contro le panche della prima fila.

-E' lassù... ma chi diavolo è?

Quando gli ultimi luccichii sparirono dai suoi visori, questi inquadrarono una figura femminile che agilmente saltò dalle canne su una colonna per poi planare agilmente sull'altare. Si sollevò. Maddicks non l'aveva mai incontrata, ma quella ragazza davanti a lui con indosso una calzamaglia bianca e un decolté a forma di pugnale che le scopriva leggermente il seno e l'ombelico, un tempo combatteva dalla parte degli eroi, un tempo era conosciuta come Dagger. Negli occhi di lei non c'era più nulla del suo passato. Formò nelle mani altri due pugnali luminosi. Maddicks si lanciò di lato evitandoli.

-Una metaumana, Arliss non lavora solo.

-Non fermerete il raccolto.- disse Dagger che tornava a brillare di un’intensità sconosciuta.

-Per ora mi accontento di non farti da bersaglio- rispose Maddicks sparando verso di lei. Non poteva credere all'agilità di Dagger, all'abilità con cui saltava nell'aria evitando i suoi colpi. Se la trovò addosso e il doppio calcio della ragazza lo spedì contro altre panche che questa volta distrusse trovandosi circondato da frammenti di legno e da qualche bibbia scolorita.

-Cosa ci fa una bella ragazza come te con un tipo come Arliss?

-L'eclissi sta arrivando, ma tu non la vedrai. Gli abbandonati saranno ricompensati dalla tenebra.

-Devono piacergli le tipe strane- commentò Maddicks cercando di sfuggire a quelle lame che da immateriali diventavano molto dolorose una volta arrivate a bersaglio.

-Ferma la spogliarellista... salva il mondo.- gridò Gun provando sparare verso di lei senza ottenere altro se non l'interesse di Dagger per lui. Se la trovò addosso e solo grazie a non so quale santo riuscì ad evitare non uno, ma due dei suoi fendenti.

-Lui che è tenebra deve essere nutrito, il raccolto è il suo cibo.

Disse con calma Dagger, mentre Gun era dopo essere inciampato da terra si muoveva come un gambero verso le candele che sapeva essere alle sue spalle.

Ne afferrò una e provò a lanciargliela. Altro tentativo inutile.

-Non lo sentite, è qui. E' sazio. E' potente. E' pronto a oscurare la luna.

Gun non aveva mai avuto una gran fortuna con le donne, ma fino a quel momento non era mai stato sollevato di forza da una ragazzina. Gli occhi di lei erano senza espressione, non avrebbe provato nulla a trafiggerlo con la corta daga luminosa che si era formata nella sua mano.

Si fermò perché la chiesa iniziò a tremare, l'altare si scosse e poi come spinto da una forza possente si sradicò dal marmo del pavimento e rotolò come la pietra del sepolcro di Cristo il giorno della resurrezione.

Maddicks e Gun non furono testimoni del ritorno di un messia, ma dell'avvento di qualcosa di ancestrale. Loro non lo conoscevano, ma chi stava fluttuando avvolto della tenebra di cui era intessuto il suo mantello, era il compagno di Dagger: Cloak. Il viso del ragazzo di colore era sparito nel buio che lasciava solo barlumi della sua forma umana. Dentro la cappa si dimenavano alcuni dei ragazzi che portati lì con l'illusione di una nuova esistenza, erano stati fagocitati dall'essere oscuro che Cloak non dominava più.

Todd Arliss dietro di lui strinse il medaglione e trasformò la sua testa in quella di uno squalo il cui sorriso, ingigantito dai filari di denti, era qualcosa di mostruoso.

-E' troppo tardi per voi. Avete scelto di stare dalla parte della luna, e farete la sua fine, sarete come lei divorati dal buio.

-Parlate tutti come degli invasati.

-Dovresti vedere con i nostri occhi Averla. Il mio capo può darti il potere che hai sempre sognato.

-Rifiuto.

-Allora l'unica cosa che avrai è la morte e Dagger e io ci occuperemo del fatto che sia la più dolorosa possibile. Lo sai cosa si prova ad essere morsi da uno squalo...?

Si lanciò contro l'Averla, mentre Gun sentiva sempre più vicina la punta incendiata di luce della lama di Dagger.

Cloak venne scosso come da una scarica che attraversò la notte di cui era fatto e poi da lì uscirono ombre ammantate e incappucciate. Quella chiesa sarebbe stata la prima di un nuovo culto, la religione dell'Eclissi e a testimoniare ciò Cloak mosse una mano e il crocifisso volò via in terra. Il cristo si staccò dalla croce più sofferente di quando era stato inchiodato a quel legno per i peccati degli uomini. Il muro si lacerò e le crepe formarono un' eclissi. Il buio dell'anima era iniziato.

 

Continua... 

 

Note.

(1) Vedere Moon Knight 3

 

(2)Vedere Moon Knight 5/6

 

(3)Vedere Moon Knight 1